Coro Parrocchiale di Flambro
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Incontro con don Luigi Ganis
Parole e pensieri >> Incontro con don Luigi Ganis
Laura (21/06/2013)




Venerdì 21 giugno abbiamo avuto il grande piacere di poter ascoltare l’esperienza di don Luigi Ganis sacerdote in terra di missione.
Presentiamo ora un breve sunto di quella che è la sua vita, ed il suo operato al servizio degli altri, dei più deboli e diseredati.

Don Luigi nasce a Flambro nel 1943. Qui frequenta le scuole, dalla prima alla quinta, mentre per la classe sesta deve recarsi a Talmassons.
A 12 anni si trasferisce a Torino dai salesiani, ove inizia a respirare un autentico clima missionario. Qui segue il noviziato.
Vicino al capoluogo piemontese consegue il diploma di perito agrario.
Completati gli studi, la richiesta di partire per le terre di missione. Destinazione: Ecuador. Per giungere in questo paese del Sud America, un viaggio in nave lungo 21 giorni.
Per sei anni vive ed opera a Santa Ana de los Ríos de Cuenca (o più semplicemente Cuenca),  la terza città dell'Ecuador con una popolazione che si attesta intorno ai 400.000 abitanti, situata a 2.500 metri sul livello del mare, nella parte meridionale delle Ande ecuadoriane.
Poi per ventidue anni è a Mancas, una città situata nella parte sud – orientale del Paese, con una popolazione di circa 30.000 abitanti.
Si dedica senza sosta ad attività educative e di missione tra le Ande e l’Amazzonia, ai ragazzi che vivono per le strade, alla vita di parrocchia, alla compilazione di testi per la scuola e per l’attività pastorale.
Attualmente opera in un paesino a sette chilometri da Mancas, dove insegna matematica e fisica presso un istituto di agronomia. Accanto a questo impegno didattico, l’impegno nell’organizzazione dei lavori agricoli e non solo, nelle attività di produzione, nelle attività sportive e ricreative (teatro). Un impegno costante entro la catechesi.
La popolazione con la quale è in contatto è costituita da indios e Kiwari. I Kiwari sono una popolazione indigena delle Ande.
La scelta dell’ordinazione è stata spinta dalla grande necessità di sacerdoti in queste zone. Le persone sono molto religiose. Inoltre, c’è e ci sarà sempre qualcuno che ha bisogno di un consiglio, di una confessione… Dunque l’ordinazione il 25 maggio 2013.


Spazio alle domande

Don Luigi ha risposto con grande disponibilità alle domande dei presenti.
Vengono ora riportate alcune di queste con relativa risposta da parte del sacerdote.

•    “Non hai mai pensato di tornare qua dal momento che abbiamo tanto bisogno di preti?”

“Voi non ne avete bisogno! Qua i sacerdoti sono isolati dagli altri sacerdoti e dalla comunità. Io sono salesiano. I salesiani vivono in comunità, ci si aiuta a vicenda. Qui il parroco non ha nessuno con cui parlare, a meno che non entri in un bar. Noi invece parliamo molto tra noi, soprattutto durante i pasti. È un grandissimo punto di forza che ci permette di sostenerci a vicenda.
Inoltre sono 48 anni ormai che sono in quelle terre, là ho i miei contatti. Se dovessi tornare qui non saprei cosa fare. Dovrei ripartire da zero, come ho fatto quando sono partito.
In genere i missionari muoiono nel posto ove hanno operato, sono pochi quelli che ritornano!”


•    “Qual è stata la difficoltà più grande che hai incontrato lungo il tuo cammino?”

"Vivere e muoversi nella selva.
I salesiani iniziarono ad operare con i kiwari tra il 1907 ed il 1908. Questa popolazione, abituata a vivere nella selva, era paragonabile agli uomini primitivi: nomadi, non conoscevano i metalli, adoperavano le asce di pietra per abbattere gli alberi, praticavano la caccia e la pesca. Particolarmente abili a muoversi nella foresta, non furono sottomessi dagli spagnoli.
Con il passare del tempo, iniziarono un’integrazione, scambiando la loro cacciagione con asce di metallo, carabine… Nonostante ciò rimasero sempre lontani dalle popolazioni locali.
Oggi, grazie anche alle vaccinazioni, la popolazione dei kiwari si attesta intorno alle 80.000 unità.
Molto diversa  per questi uomini la concezione di FAMIGLIA. Un uomo può avere due, tre, quattro donne. Avere tante mogli è simbolo di potere.
L’UOMO NON LAVORA, È LA DONNA CHE LAVORA. La donna prepara da mangiare, lava, raccoglie le banane, la manioca (ha una radice a tubero commestibile, e per questo motivo è coltivata in gran parte delle regioni tropicali e subtropicali del mondo; la radice di manioca è la terza più importante fonte di carboidrati nell'alimentazione umana mondiale nei Paesi tropicali) ma soprattutto si occupa dei figli.
I bambini maschi vengono accuditi sino al dodicesimo anno di età, poi devono imparare da soli a cacciare, pescare, per questo affiancano il padre, per imparare a mantenere un domani la loro famiglia.
L’uomo kiwari è sempre distinto, cammina con passo fiero, un tempo con le piume sulla testa oggi veste in modo elegante. Non si abbassa al lavoro manuale.”


•    “Come fate ad insegnare la religione cristiana ed i suoi valori se queste persone hanno questo concetto di famiglia?"

"La religione è una cosa molto difficile da spiegare, soprattutto a questa gente.
Queste popolazioni credono infatti nelle forze della natura. Per i  kiwari non esiste la morte per malattia o incidente. Se una persona muore è sempre perché qualcun'altro ha mandato una maledizione, quindi una malattia. Per rispondere a queste, ci sono gli sciamani, stregoni che compiono riti particolari per tener lontane le maledizioni.
I kiwari non conoscono concetti astratti, come la bontà o l'amore. Per questo è impossibile parlare di un Dio  onnipotente, onnisciente. Per loro sono cose difficili, se non impossibili, da comprendere.
Per quanto riguarda la famiglia vive una situazione davvero disastrosa. Mogli che hanno figli con quattro o cinque uomini diversi. È una situazione MOLTO, MOLTO difficile.”